La battaglia di Hacksaw Ridge (Hacksaw Ridge) è il nuovo film di Mel Gibson interpretato da Andrew Garfield, Teresa Palmer, Vince Vaughn, Hugo Weaving e Sam Worthington. Il film è stato presentato fuori concorso alla 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
La Trama
Desmond Doss è un giovane cresciuto dai genitori con la fede degli avventisti del settimo giorno. Fortemente credente e desideroso di svolgere la professione di medico, Doss si arruola nell’esercito all’età di 23. Essendo un obiettore di coscienza, Doss si rifiuta categoricamente di prendere in mano un’arma. Nonostante ciò, riesce a prendere parte alla battaglia di Okinawa dove salva la vita a 75 soldati.
Il film
Dopo anni di problemi legati alla sua personalità non particolarmente facile, Mel Gibson torna alla regia raccontando la storia di Desmond T. Doss, primo obiettore di coscienza a ricevere la medaglia d’onore, la più alta onorificenza degli Stati Uniti. Per farlo, si affida a una sceneggiatura scritta da Andrew Knight e Robert Schenkkan; risulta evidente l’identificazione di Gibson in Doss, che fa della propria fede il cardine della propria esistenza e il motore che lo spinge ad affrontare la follia e la brutalità della guerra.
Gibson, che non ha mai celato la propria fede cattolica, costruisce un film in due parti: la prima parte, in cui vediamo il protagonista affrontare le problematiche della propria fede sia sul piano personale (la storia d’amore con Dorothy) sia su quello prettamente militare (l’addestramento e la vessazione da parte del sergente Howell, oltre che il disprezzo dei compagni), funge da preparazione per la seconda parte in cui il protagonista – e lo spettatore con lui – vengono catapultati nell’inferno della battaglia del titolo (Hacksaw Ridge è il nome di una rupe dove perirono molti soldati).
Ma se nella prima parte la questione della fede viene affrontata anche dal punto di vista etico creando una tensione sulla decisione se concedere a Doss il diritto di prendere parte alla guerra come infermiere, la seconda è quella tipica di un certo cinema di guerra resa con lo stile tonitruante di Gibson. Qui, infatti, l’inferno di Okinawa è reso realisticamente e si è portati a credere che tutto ciò che si vede sullo schermo sia realmente accaduto e nelle stesse medesime modalità; ciò non toglie che il tutto sia reso in modo fin troppo eccessivo, come se Gibson avesse voluto puntare più sui sensi dello spettatore invece che sulla vicenda umana di Doss, mettendo in primo piano i corpi maciullati dei soldati, scadendo così in un’esibizione incontrollata della morte, commettendo così qui lo stesso errore compiuto in La Passione di Cristo: aver “spettacolarizzato” la morte.
E’ questo il principale difetto del film, che non riesce a evitare i cliché tipici di un certo modo di fare cinema, soprattutto quello di guerra, e che alla fine risulta pure annullato dalle immagini di repertorio del vero Doss, il quale testimonia con la propria voce e il proprio volto quanto accaduto più efficacemente rispetto a quanto mostrato da Gibson nelle due ore precedenti. Forse Gibson dovrebbe imparare che per raccontare l’inferno della guerra non occorre agire “mettendo in mostra”, ma anzi sottraendo: la lezione di Full Metal Jacket è lì a dimostrarlo. Perché la tecnica, quando si affrontano certe tematiche, non è tutto.
Voto: 5.5
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