Per gli appassionati dell’arcano e della verità soprannaturale, non può mancare la serie televisiva originale Netflix, OA, realizzata da Zal Batmanglij e Brit Marling.
Il quadro scenografico è un miscuglio di verità apparenti e certezze assolute che cambiano forma, traslando fenomeni paranormali e fantascientifici all’interno di una prospettiva a tratti onirica, a tratti trascendentale. Quel che colpisce maggiormente in realtà, è la capacità di chi afferra le redini della pellicola, di rimescolare le carte in tavola, aggiungendo volta per volta, frammenti appartenenti ad un progetto governato da leggi che, pur non potendo esser scisse, mutano.
Energia allo stato puro che nulla crea e nulla distrugge: assume bensì differenti proiezioni ed indirizza lo spettatore verso viaggi colmi di enigmi e misteri. Si conosce il punto di partenza ma non quello di arrivo. Si conosce il quadro psicologico generale ma non le variegate sfumature del singolo personaggio, arenato al passato ed impossibilitato a proiettare la propria vita in una realtà futura. Immobile, affonda pian piano i piedi nel cemento, andando alla deriva.
Il trascorso di Prarie Johnson (Brit Marling, personaggio principale e chiave della serie, nonché ideatrice della serie), risulta essere imperniato da una cecità dalla nascita. Il punto cruciale risiede nel ritrovamento della ragazza, scomparsa per un lasso di tempo di sette anni: martoriata da cicatrici evidenti lungo la schiena e convinta di chiamarsi OA, Prarie riacquista la vista.
L’imperterrita ricerca della verità la porterà a navigare mari turbolenti ed irrequieti, laddove il reale assumerà le vesti dell’irreale e gli ologrammi psicologici abbracceranno ottiche colme di limiti ma privi di confini.
Verdetto Prima Stagione 8
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