Netflix Italia alcuni giorni fa ha rilasciato sul proprio catalogo la terza stagione di Narcos, la serie tv incentrata sulla nascita del narcotraffico in Sud America. Questa che segue è la nostra recensione.
Narcos 3 è stata sviluppata da Chris Brancato, Carlo Bernard e Doug Miro. Il cast è composto da Padro Pascal, Alberto Ammann, Damián Alcázar, Francisco Denis, Pêpê Rapazote, Michael Stahl-David, Matt Whelan e Matias Varela.
La terza stagione parte dalla morte di Pablo Escobar, o meglio alcuni anni dopo la morte del padrino del Cartello di Medellin, per dare vita all’espansione e successivo tramondo del Cartello di Cali, uno dei più estesi della storia del narcotraffico mondiale. I padrini di Cali, all’apice del successo, scelgono di scendere a patti col governo colombiano, negoziando così la resa in cambio di un prosieguo di vita tranquillo e milionario. Ma ovviamente la storia insegna che l’epilogo non è andato proprio così.
Orfana della sua più grande attrattiva, la caccia a Pablo Escobar, la terza stagione di Narcos ne guadagna in narrazione e recitazione. La lotta senza quartiere del Cartello di Cali contro le bande locali colombiane prima della resa sono il vero fulcro del successo di questa terza stagione, non serve pertanto una figura forte come quella di Escobar per dare spettacolo e qualità. Evitando di prendersi troppe licenze poetiche, la sceneggiatura scelta dagli showrunner è pressochè lineare con la vera storia legata al crollo del Cartello di Cali, una scelta ovvia per certi aspetti, ma vincente, e questo è quanto serve per capire quanto Narcos possa ancora dare in futuro.
Brancato, Bernard e Miro (gli showrunners) ricreano in maniera minuziosa un mondo criminale fatto di morte, tradimenti, doppio gioco e corruzione; la caratterizzazione di alcuni dei protagonisti è straordinaria, così come la qualità generale dell’intero cast, poco conosciuto si, ma in grado di enfatizzare perfettamente le caratteristiche di quelli che sono personaggi realmente esistiti. Manca la figura forte di Pablo Escobar, capace da sola di attirare l’attenzione del pubblico, ma la struttura narrativa in cui certi personaggi vengono inseriti funziona davvero bene.
La caccia spietata della DEA a Pablo Escobar qui lascia spazio a quello che ha rappresentato il declino “quasi” autoimposto di uno dei cartelli di droga più estesi della storia del narcotraffico mondiale, e forse questo è uno degli aspetti innovativi (e vincenti) di una serie tv che molti credevano solo incentrata sulla figura di Escobar. Qui i giochi di potere, la corruzione di polizia e politica hanno un ruolo importante, e quasi mettono in secondo piano gli sforzi della DEA, e dell’indomito Javier Pena (Pedro Pascal), di mettere fine al Cartello Di Cali.
La serie perde i bravissimi Wagner Moura (Pablo Escobar) e Boyd Holbrook (l’agente Murphy), ma guadagna una serie di bravissimi interpreti capaci di non farne sentire la mancanza , viene da pensare a tal proposito a Matias Varela (Salcedo), Alberto Ammann (Pacho) e Pêpê Rapazote (Chepe). Pedro Pascal (Javier Pena) continua a dimostrare il proprio valore, anche senza essere iper presente così come nella seconda stagione. I fratelli Rodriguez sono nuovamente interpretati da Damián Alcázar e Francisco Denis, ed il loro contributo alla qualità complessiva del cast si sente eccome.
In conclusione non possiamo che promuovere a pieni voti la qualità della terza stagione di Narcos, valutando in maniera estremamente positiva la prova recitativa di alcuni degli interpreti principali, nonchè l’ottima sceneggiatura, quasi mai noiosa nel corso delle 10 puntate. Non vediamo l’ora di volare a Juarez per la quarta stagione.
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