Orange is the New Black. La sesta stagione di una delle storiche serie tv della piattaforma Netflix è ora disponibile. Questa è la nostra recensione.
Dal genio della californiana Jenji Kohan, a noi nota per aver ideato la serie Weeds, Orange is the New Black ha raggiunto la sua sesta edizione. Il ciclo televisivo di ispira al libro di memorie di Piper Eressea Kerman: “Orange Is The New Black: My Year in a Women’s Prison” (2010).
TRAMA
La quinta stagione ci ha lasciati con tanti dubbi e molta curiosità. Una rivolta ha riempito i minuti di tutti gli episodi: una caos di azioni, complotti ed evasioni in atto, un morto e molti feriti. Ignari del destino che attende le nostre galeotte, nella nuova stagione scopriremo quale sarà la loro sorte.
RECENSIONE
Le donne di Litchfield sono tornate: ignare del destino che le aspetta, dopo la grande rivolta che ha infuocato la sezione dei reati comuni, nella nuova stagione dovranno affrontare una nuova realtà, forse più dura e difficile. Ma insieme a loro, anche a noi sarà richiesto di fare uno sforzo in più: tutto ciò a cui eravamo abituati sarà amplificato, le battaglie tra le bande a cui avevamo partecipato ci sembreranno semplici litigi da bambine delle scuole elementari, le amicizie verranno rivalutate e nuovi personaggi faranno la loro comparsa.
Come è noto per tutte le serie televisive che trascinano con sé ore ed ore di girato, anche Orange is the New Black comincia ad accusare colpi. La perdita di suspense, l’ovvietà di alcuni eventi e le ripetizioni sono degli effetti collaterali a cui nessuno può sfuggire. Ma la genialità di questo prodotto, che si presenta come una commedia fortemente ironica e drammaticamente cruda, non ci stanca mai. Il racconto riesce comunque a farci rimanere svegli ancora 40 minuti giusto per vedere”come va a finire”.
L’atmosfera è cambiata: gli spazi non sono più gli stessi, anche se le nostre detenute si sono spostate solamente di quale metro; i personaggi principali sono rimasti, ma assumono un interesse maggiore grazie all’introduzione di nuove figure. Le dinamiche tra le detenute sono quelle che avevamo già vissuto nelle scorse stagioni, ma il contesto non è più il medesimo. Per questo motivo, anche se ci ritorneranno alla mente molti dettagli già visti, in ogni caso non avranno più lo stesso sapore.
Fin dalla prima stagione, è stato difficile non affezionarsi a queste donne forti e dalla personalità esplosiva. Jenji Kohan, insieme a un cast eccezionale tutto rosa (Taylor Schilling, Laura Prepon, Kate Mulgrew, Uzo Aduba, Danielle Brooks, Natasha Lyonne, Dascha Polanco solo per citarne alcune) e con qualche riserva maschile, riesce a riscrivere i drammi e i legami affettivi che connotano l’universo femminile, con sorprendente ironia e infinita leggerezza.
Nel corso delle precedenti stagioni si erano creati e definiti tre diversi gruppi, prima in lotta fra loro, dopo uniti contro un nemico comune. Tuttavia, ora la situazione è decisamente diversa: due grandi squadre, per due diversi settori del carcere. Nel mezzo, rimescolate e ribaltate, ci sono le nostre detenute, nuovamente obbligate a scegliere da che parte stare.
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