Recensione della prima stagione della serie Snowpiercer
Si è appena conclusa la prima stagione di Snowpiercer, la serie ispirata alla graphic novel Le Transperceneige, creata da Jacques Lob e Jean-Marc Rochette. Questa la nostra recensione.
La serie televisiva Snowpiercer, come la pellicola del 2013 diretta d Bong Joon-ho e la graphic novel sopra citata, è anch’essa ambientata nel medesimo universo narrativo, dove un treno di 1001 vagoni gira perennemente intorno ad una Terra ormai ghiacciata a causa di esperimenti tesi ad evitare il riscaldamento globale, i quali però hanno creato un effetto estremo e devastante.
Come abbiamo già avuto modo di dire nelle nostre considerazioni a caldo sui primi due episodi, questa nuova serie televisiva, pur ripercorrendo in parte i “binari” tracciati da Bong Joon-ho nel film, aggiunge ingredienti al fine di adattare la narrazione ad una trama a sviluppo orizzontale, divisa nella sua prima stagione in 10 episodi della durata di circa 40 minuti ciascuno.
Pertanto nasce la necessità di cercare elementi che possano interessare il pubblico per un tempo più lungo rispetto ad un film che risultava sicuramente più “immediato”, “schizzato”, frenetico e “cinico”. Ecco quindi una componente noir che fa in parte accomunare questa ambientazione post-apocalittica a quella più classica narrata da Agatha Christie nel suo romanzo “Assassinio sull’Orient Express”.
In questo contesto, infatti, vediamo nella prima parte dello show il “taillie”Andre Layton indagare su un omicidio avvenuto in “Terza Classe”. Tale elemento risulta pertanto utile a permettere una visione più accurata sia del treno, in cui sono stipati gli ultimi sopravvissuti ad una catastrofe globale, che delle conseguenti dinamiche.
L’andamento dello show è purtroppo altalenante, la tensione non si mantiene sempre a un livello costante, scendendo vorticosamente dal 4° episodio in poi, per risalire però nella parte finale della stagione che ci ha regalato una cliffhanger ad alto tasso adrenalinico, preannunciante di un inizio di una seconda stagione esaltante e piena di sorprese.
In una ambientazione volutamente claustrofobica, sicuramente buone appaiono le sequenze d’azione, il design di produzione è intelligente e descrive in maniera corretta lo spazio in cui si svolgono gli eventi che consiste essenzialmente in un lungo e stretto tubo metallico. I colori sono ricchi e caldi nella parte alta del treno e diventano progressivamente più scuri e opachi man mano che scendiamo nelle parti inferiori, sottolineando così anche cromaticamente le diverse classi sociali.
La caratterizzazione dei personaggi principali appare buona, più sfumata e meno marcata quella dei personaggi secondari, i quali sembrano comportarsi tutti in una maniera univoca e scialba, colpa forse di una scrittura non brillante. La recitazione di Jennifer Connelly è esemplare, perfetta nei panni di Melanie “La Voce del Treno”, vero e proprio motore dello show, da sottolineare in questo caso anche un gran lavoro di doppiaggio di Giuppy Izzo. Meno brillante è invece la prestazione di Daveed Diggs nei panni di Layton, affiancato però da un ottimo Mickey Sumner nel ruolo del poliziotto alle prime armi Bess Till. Buone le prestazioni anche di Alison Wright (Ruth Wardell) e Annalise Basso (L.J. Folger).
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