Abbiamo visto Sputnik, il film di fantascienza russo diretto dall’esordiente Egor Abramenko, già autore dell’acclamato corto Passenger, da cui questa pellicola trae spunto, espandendone la storia.
Nel cast troviamo Fedor Bondarchuk – regista in Attraction e Attraction 2, nella parte del Compagno Semiradov, Pyotr Fyodorov nei panni cosmonauta Konstantin Veshnyakov e Oksana Akinshina in quelli della neurofisiologa Tatyana Klimova.
Il film è ambientato nell’anno 1983, in una Unione Sovietica ancora avvolta da una impenetrabile “Cortina di Ferro”. Questa la sinossi ufficiale: Il solo sopravvissuto di un enigmatico incidente con una navicella spaziale non è tornato a casa da solo, a nascondersi nel suo corpo è una creatura pericolosa. La sua unica speranza: una dottoressa pronta a fare tutto il necessario per salvare il suo paziente.
Una sensazione del genere lo spettatore, amante dello sci fi più classico, può averla avuta guardando il trailer di Sputnik che, così come confezionato, può far pensare all’ennesimo film “figlio di Alien”. Certamente qui il mostro ricorda molto lo xenomorfo protagonista del cult movie di Ridley Scott, ma sorprendentemente il regista Egor Abramenko e gli sceneggiatori Andrey Zolotarev e Oleg Malovichko, questi ultimi già visti all’opera in Attraction, sono riusciti a creare in Sputnik il giusto connubio tra l’intrattenimento hollywoodiano e la tradizione russa, donandoci un thriller essenziale, secco e magistralmente strutturato, con un contenuto proprio, nonostante la presenza di diversi elementi già visti più volte in film di genere.
La tensione è tenuta costantemente alta, anche se il focus della storia non si sofferma solo sull’aspetto spaventoso del mostro, prestando maggiore attenzione al dramma dei personaggi principali e allo studio del rapporto tra il cosmonauta e l’organismo alieno ospitato all’interno del proprio corpo, un rapporto, caratterizzato da una forma di simbiosi, certamente intimo e assai sofferto.
La cinematografia fantascientifica russa di questi ultimi anni ci ha proposto dei film spesso visivamente molto accattivanti, ma che peccavano di marcate ingenuità, con storie alla base talvolta banali, conditi di cliché più volte usati, i quali scimmiottavano perlopiù i grandi blockbuster occidentali.
Il nucleo di una minuziosa narrazione punta tutto sulla neurofisiologa – interpretata da una sorprendente Oksana Akinshina – che, pur sembrando fredda e distaccata, riesce empaticamente a trasmettere nello spettatore il disagio da Lei sofferto e, nel contempo, la forza e il coraggio con cui affronta una situazione assolutamente complessa e pericolosa.
Nessuno è come vuol sembrare di essere: chi è l’alieno? Forse una malefica presenza esterna, non del tutto estranea a noi umani… una oscura parte di noi stessi? Chi è il vero mostro?
Minuziosa appare la ricostruzione dei luoghi e del periodo storico in cui il film è ambientato, dove l’Unione Sovietica è controllata da un assoluto potere politico e militare.
In conclusione, nonostante un budget contenuto che supera di poco i 2.000.000 di Euro e diverse sensazioni di déjà vu, Sputnik può essere definito un buon film di fantascienza, realizzato con scrupolosa cura e dove ogni dettaglio è stato studiato attentamente.
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