[Recensione] The Last Ship: un bilancio sulle prime due stagioni
The Last Ship sta funzionando. Lo testimonia il rinnovo da parte del network americano TNT per una quarta e una quinta stagione. In Italia, per ora, siamo fermi alla seconda. E’ tempo di fare il punto della situazione sulle prime due stagioni che narrano le avventure del capitano Thomas Chandler e di tutto l’equipaggio del cacciatorpediniere americano USS Nathan James.
TRAMA: Durante una missione top secret nel mare artico la nave della marina militare statunitense “Nathan James” è costretta ad operare in silenzio radio per quattro mesi. Appena ristabilite le trasmissioni l’equipaggio si rende conto che dal comando di terra non arriva nessuna risposta, nessun segno di vita. Poco dopo la nave viene attaccata da misteriosi nemici, i quali vogliono a tutti i costi impadronirsi dei campioni che i marinai americani hanno appena prelevato nei ghiacci. Scampati all’assalto il capitano Chandler e il resto della ciurma riescono a sbarcare, per verificare cosa sia realmente accaduto sulla terra ferma. Lo scenario è agghiacciante: morte e distruzione. Chandler apprende che mentre la nave era in missione 5 miliardi di persone sono state uccise da un misterioso virus. Il mondo è nel caos, gli sciacalli imperversano e l’equipaggio della “Nathan James” è l’ultima speranza per i sopravvissuti.
Oramai praticamente ogni settimana esce una nuova serie apocalittica che raccontata un’umanità massacrata da virus ed esperimenti nucleari. Normalmente si dividono in due sottogruppi: quelle tutta azione e cannonate per fare fuori il cattivo che è la causa di ogni male (The Last Resort); quelle più lente, noir, con dialoghi estenuanti, trame complesse, piene di flashback (The Walking Dead, Lost)
Basta vedere su solo episodio per capire che The Last Ship appartiene totalmente al primo gruppo. Tutto è basato quasi esclusivamente su azione spasmodica e suspence. D’altronde con uno come Michael Bay al timone, non poteva andare diversamente. L’autore di Transormers e Bad Boys sceglie infatti di sacrificare tranquillamente la trama sull’altare di un ritmo concitato, quasi spasmodico.
Ma nonostante una storia non particolarmente innovativa, The Last Ship riesce a trasmettere un tocco di originalità grazie, principalmente, a due elementi. Il primo, come detto, è la velocità, la frenesia delle scene che portano lo spettatore a voler sempre vedere cosa succederà pochi secondi dopo. L’attenzione di chi guarda “The Last Ship” è sempre al massimo e in generale, in TV, non basta sparare centinaia di cannonate per evitare che la gente cambi canale, quindi complimenti.
La seconda novità è costituita dalla scenografia: UNA NAVE DA GUERRA SULLA QUALE AMBIENTARE UNA SERIE TV! La maggioranza delle scene è infatti girata all’interno di un vero cacciatorpediniere statunitense che nella realtà è ancorato nel porto militare di San Diego, in California. Questa scelta funziona, eccome. Il racconto della vita in una nave della marina, con tutte le sue regole, le tradizioni, la gerarchia, la disciplina, gli armamenti e le manovre è riprodotto in maniera molto credibile. Purtroppo questo realismo nella parte “tecnica”, un pregio assoluto, è parzialmente rovinato dal tono retorico, buonista e perbenista utilizzato dai protagonisti.
In The Last Ship E’ CHIARO FIN DA SUBITO CHI SIANO I BUONI E CHI I CATTIVI. Non esiste il grigio, ma solo il bianco e il nero. Gli americani sono i buoni che vogliono salvare l’umanità e tutti gli altri sono dei bastardi, i russi in particolare. La massima esemplificazione di questo concetto è il protagonista della serie, il capitano Thomas Chandler (Eric Dane), un uomo grosso, palestrato, con una mascella squadrata e l’espressività di una mummia.
Chandler è il prototipo dell’eroe americano: non ride mai, è fedelissimo, ha la moglie e due bambini biondi, è onestissimo, uccide solo per difesa, non prende mai una decisione sbagliata, è il miglior capitano del mondo, ha una parola saggia per tutti, crede che l’America trionferà sempre, in altre parole E’ INVINCIBILE. Era dagli anni Novanta che non vedevo un protagonista così “Old Style”. Neanche Sylvester Stallone e Jason Statham riescono ad essere meno espressivi e più scontati del povero Eric Dane.
Il Capitano monopolizza così tanto la scena che, di conseguenza, IL RESTO DELL’EQUIPAGGIO RISULTA SPESSO TOTALMENTE INUTILE ED AVULSO ALLA TRAMA. Le storie dei personaggi secondari sono noiose, banali e, in particolare, la famosa “sindrome di Ryker” ha colpito il primo ufficiale della “Nathan James”, Mike Slattery (Adam Baldwin), il quale ha sostanzialmente l’unica funzione di dire frasi tipo: “Non hai idea della potenza dei nostri cannoni” oppure “L’America risorgerà”. Stesso destino per la dottoressa Rachel Scott (Rhona Mitra) che ha il compito di trovare una cura, e che vive confinata nel laboratorio per la nave. Un bel sacrificio per un’attrice abituata a film nei quali lei in prima persona spara e dà calci e pugni.
I dialoghi, ahimè, sono di uno scontato, di un banale, di un retorico, come non ne vedevo da anni. Pregherete che le (poche fortunatamente) puntate nelle quali non si spara ma si parla finiscano nel più breve tempo possibile.
Insomma THE LAST SHIP E’ UNA RIUSCITA SERIE D’AZIONE CHE VA PRESA PER QUELLO CHE E’: ADRENALINA E PALLOTTOLE. APPENA I CANNONI SMETTONO DI SPARARE LA BANALITA’ DELLA TRAMA E L’ASSENZA DI CONFLITTO TRA I PERSONAGGI VENGONO FUORI CON PREPOTENZA.
VOTO 6,5
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