Continua la 20° edizione del Trieste Science+Fiction Festival con la proiezione del primo episodio della serie coreana SF8, dal titolo The Prayer. La nostra recensione.
Considerata la risposta asiatica a Black Mirror, la serie SF8 viaggia tra lo Sci-Fi ed altri temi importanti ed inquietanti. The Prayer, prendendo spunto dalla fantascienza classica targata Asimov, si fa subito notare per i toni drammatici e dirompenti con cui la storia dell’infermiera Robot viene narrata.
Diretto da Min Kyu-dong, l’episodio ha la sua arma vincente in Lee Yoo-Young che interpreta il doppio ruolo del robot e della padrona che ne risveglia la coscienza. Il perché del titolo non possiamo rivelarlo per non rovinarvi la sorpresa.
In una città senza nome e senza tempo, le infermiere sono automi che nelle case della salute si occupano dei propri malati ventiquattro ore al giorno. Costi mostruosi e malfunzionamenti spesso portano i parenti dei degenti ad indebitarsi fino all’osso pur di potersi permettere il meglio per i propri cari. Marionette perfette. Giocattoli creati dall’uomo per aiutarlo nelle difficoltà della malattia ma a che prezzo?
La fotografia è perfetta e fa da sfondo ad una narrazione volutamente lenta e ritmata ma che in ogni caso riesca a trasportare lo spettatore in un incessante susseguirsi di eventi, spesso drammatici ed ineluttabili.
Ad alcuni potrà riportare alla mente le atmosfere dei racconti che hanno fatto la fortuna di Love, Death & Robots, mentre per i più nostalgici ricorderà, in alcuni passaggi, Io e Caterina, ma The Prayer ha una propria anima, ben definita ed intrigante.
Bello ed intrigante fino all’ultimo fotogramma.
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