[Roma FF12] Xavier Dolan conquista il pubblico della Festa
Un bagno di folla sul red carpet accoglie il giovane regista canadese Xavier Dolan, due ore di fila per poter accedere in sala per assistere all’incontro ravvicinato con il 28enne dalla chioma platino che sforna capolavori dall’età di 21 anni.
Non ha sempre voluto fare il regista, voleva recitare nella sua vita, diventare un attore ma quando ha notato che il percorso intrapreso non era per niente facile, e stava diventando un problema, si é rimboccato le maniche e si é messo dall’altra parte della camera. A 21 anni dirige “J’ai tué ma mère”, basato su una sceneggiatura semi-autobiografica scritta quando aveva 16 anni, che gli fa vincere a Cannes il Premio Art Cinéma, il Premio SACD e il Premio Regards Jeunes: un debutto indimenticabile nel 2009 alla Quinzaine des Réalisateurs.
La necessità di esprimersi, di darsi una possibilità nel campo dell’arte in cui é cresciuto sin da piccolo (il padre era un cantante e attore canadese, e sin dall’infanzia ha partecipato nel doppiaggio di spot pubblicitari), il suo primo film inizia con furto a scasso.
Quando muovi i primi passi non lo puoi fare che attraverso il furto
Un fiume in piena, inarrestabile, come i personaggi che porta sullo schermo, protagonisti di scene di tensione racchiuse in unica sequenza (come in “Les Amours Imaginaries”). Ammette di aver rubato ai grandi del cinema – cita il libro Steal Like an Artis di Austin Kleon e consiglia il suo acquisto su amazon (!)- di aver assorbito tutto quello che gli piaceva come una spugna fino a farlo diventare proprio e creare a sua volta.
Non sai chi sei finché non crei, e quando muovi i primi passi non lo puoi fare che attraverso il furto: adesso un po’ ho capito, e posso non rubare più.
L’incontro é proseguito evidenziando come i suoi personaggi siano sempre alla ricerca sfrenata di un rapporto tra libertà e felicità, una continua lotta per capire chi si vuol essere e si vuol diventare. Sono tutti dei combattenti, persone che hanno nel loro cuore una speranza
La vita è questo alla fine, lottare per essere ciò che si è.
Ci sono delle persone che hanno deciso di arrendersi, altri continuano a crederci, quelli sono i sognatori e i combattenti. Questo desiderio di combattere se lo portano dentro, non sempre vincono, non sempre finiscono insieme, ma loro non perdono mai, perché sono dei vincenti per il semplice fatto di non essersi mai arresi.
Alla fatidica domanda del direttore artistico Antonio Monda, se il suo film preferito sia veramente “Titanic” di James Cameron, la sua risposta ha spiazzato tutti (“Here we go!”) regalando alla platea un simpatico aneddoto di una cena hollywoodiana in cui dopo aver sentito commensali elencare le loro ispirazioni provenienti da una cinematografia più raffinata e intellettuale, lui pensava al momento in cui avrebbe risposto col titolo di Cameron.
In realtà la scintilla per la regia non é scatta dopo esser uscito dalla visione di “Titanic”, anzi in quel caso avrebbe detto alla mamma di voler scrivere una lettera a Leonardo DiCaprio, ma quella fiamma come ha più volte ribadito nel corso dell’incontro é nata proprio dalla necessità di esprimersi e di risolvere i problemi con se stesso dopo aver lasciato la scuola.
L’incontro si é concluso con un attestato di stima nei confronti dell’italiano Luca Guadagnino, per il suo “Call me by your name”, elencando la bravura del regista italiano nel saper rappresentare il dolore di chi ha amato e ha sofferto. Solo con la bellezza vissuta col dolore si riesce a creare qualcosa, incanalando così il rifiuto d’amare e la sofferenza ricevuta, per dar vita a qualcosa di nuovo. La pellicola ha centrato il suo animo, aprendo il suo cuore e sentendosi compreso in toto.
Non basterebbe un incontro di un’ora per succhiare la vitalità che trasmette Xavier Dolan, la necessità di raccontare, di mettere in scena il dolore, e la voglia d’amare. Ben felici però di aver avuto la possibilità di poterlo incontrare all’interno delle giornate della Festa del Cinema di Roma, in attesa che completi il suo ultimo lavoro “The Death and Life of John F. Donovan”.
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