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[RomaFF11] La recensione de La Tartaruga Rossa, di Michael Dudok de Wit

Era il 2001 quando Michael Dudok de Wit vinse il Premio Oscar per il miglior cortometraggio d’animazione con“Father and Daughter”, e nel 2006 lo Studio Ghibli lo contatta per chiedergli di realizzare un lungometraggio di sua ideazione: é il primo europeo a collaborare con lo studio d’animazione giapponese.

Presentato durante l’ultimo Festival di Cannes all’interno della sezione Un Certain Regard, “La tartaruga rossa” conferma la qualità unica dei prodotti dello Studio Ghibli e l’abilità dell’autore Premio Oscar.

“La tartaruga rossa” é un’opera densa di poesia senza vi sia la necessità dell’utilizzo del dialogo, per tutti gli 80 minuti di durata del lungometraggio animato, un silenzio colmato dalla musica lieve accompagnatrice.

Una storia molto lineare in cui un uomo naufraga su un’isola deserta da cui tenta la fuga su una zattera che viene sistematicamente distrutta dai colpi di una gigantesca tartaruga rossa. L’incontro e la trasformazione dell’animale in una bellissima donna, gli cambierà la vita: dalla loro unione nascerà un figlio.

Una narrazione circolare in cui il figlio ripete le gesta dei genitori, in cui la morte non é la fine di un percorso ma l’inizio di una nuova realtà. L’assoluta realisticità dei gesti dei personaggi é frutto di un lavoro di ricalcamento di immagini reali – già nel 1920 i fratelli Fleischer utilizzavano la stessa tecnica del rotoscopio- questa lavorazione é dovuta anche allo studio sul campo del regista che aveva fotografato il cielo studiando l’impatto della luce sulle nuvole.

 

Il nostro parere: 8+

Una storia d’amore d’assoluta intensità in cui la vita dell’uomo trascorre in parallelo con la forza della natura che continua il suo ciclo vitale.
Memorabile la scena dello tsunami che non dà tregua all’imponente paesaggio descritta magistralmente dalla musica di Perez.

 

“La tartaruga rossa” di Michael Dudok de Wit uscirà nelle sale italiane nel 2017 e sarà distribuito da Bim Distribuzione.


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