England is mine è il film diretto da Mark Gill e presentato nella sezione Into the groove del Seeyousound Festival, quarta edizione. Ecco la nostra recensione.
Steven, il vero nome di Morrissey, ha 17 anni e vive nelle difficili condizioni lavorative di Manchester di fine anni ’70, tra disoccupazione e proteste di una working class allo stremo. Il ragazzo si dedica alla scena musicale e alla poesia, scrive recensioni e fantastica sul formare una sua band, ma è troppo timido per realizzare il suo sogno.
L’opera di Gill è un prodotto ibrido, un po’ particolare. Il progetto, difatti, nato col consenso del cantante, è stato poi disconosciuto e, pare, che al termine Morrissey abbia letteralmente maledetto la produzione. Il film, quindi, arriva poco prima della creazione de The Smiths, non ci sono sue canzoni e il protagonista si vede cantare su un palco una volta sola.
E’, quindi, un po’ come avere un rapporto sessuale senza arrivare mai all’orgasmo. Peraltro il personaggio di Morrissey, interpretato da Jack Lowden, visto anche in Dunkirk, non è proprio il personaggio più simpatico visto su grande schermo, quindi è difficile che il pubblico instauri un rapporto empatico col film. Morrissey, infatti, viene tratteggiato come un sociopatico, indisponente verso la famiglia e verso il lavoro e poco disponibile verso tutti, debole e sarcastico.
Però, il senso di incompiutezza dell’opera, incredibilmente, si sposa molto bene col senso di incompiutezza del giovane protagonista, del suo senso di soffocamento e gli da una chiave di lettura e una compiutezza che rende il film ottimo e interessante. E’ bene però arrivare in sala con queste premesse chiare, per evitare delusioni o inutili attese di canzoni che non arriveranno mai.
Il film è stato presentato in anteprima anche all’Edinburgh Film Festival 2017.
Ecco il trailer del film.
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