She-Ra e le Principesse Guerriere, recensione quinta stagione
Il 15 maggio Netflix ha rilasciato quella che al momento risulta essere la stagione conclusiva di She-Ra e le Principesse Guerriere, reboot della celebre serie animata del 1985. Questa la nostra recensione:
La serie è ideata da Noelle Stevenson e prodotta da DreamWorks Animation. Dopo aver trasportato Etheria fuori dalla dimensione ombra in cui era stata rinchiusa per millenni, Adora ed i suoi amici dovranno affrontare la terribile minaccia del grande Horde che intende sfruttare le risorse magiche nascoste nel cuore del pianeta. Adora dovrà affrontare anche grandi tormenti interiori che non le permettono più di trasformarsi in She-Ra. A complicare ancora di più le cose è il rapimento della regina Glimmer, amica della protagonista e reggente di Etheria.
Commento. Tredici gli episodi che compongono questa quinta stagione, ognuno della durata di 25 minuti circa, in particolare il finale di stagione è affidato ad un doppio episodio dal titolo “Heart” con un riferimento sia al cuore di Etheria (in cui gli antichi avevano immagazzinato tutta la magia del pianeta) sia ai sentimenti della protagonista che, fino a quel momento, non aveva avuto modo di esprimere senza poter scegliere nulla della sua vita piegandosi al proprio destino che la vedeva costretta a vestire i panni di She-Ra.
Dopo qualche momento di incertezza vissuto nelle stagioni precedenti, la serie sembra finalmente decollare fin dai primi episodi, e lo fa offendo un’ampia analisi dei personaggi, cosa che finora era mancata. Non lasciatevi ingannare dallo stile del disegno e dalla demenzialità forzata di alcune situazioni. She-Ra e le Principesse Guerriere porta sullo schermo una miriade di situazioni, personaggi e sentimenti, con delicatezza e profondità, senza cadere mai nel banale o nel grottesco.
Alla serie si deve riconoscere un approccio all’amore, come sentimento universale ed al di fuori degli schemi classici dell’animazione per bambini. Icona LGBT fin dal suo debutto nel 1985, She-Ra e le Principesse Guerriere trasporta sullo schermo storie d’amore e sentimenti d’amicizia forti e contraddittori. Non esiste il bene ed il male assoluto in questa trasposizione dell’eroina di Grayskull, ma ci sono personaggi che fanno delle scelte che li portano ad essere dei despoti piuttosto che dei traditori. Per ognuno di loro, anche ad un passo dall’oblio, c’è la possibilità di decidere di redimersi o meno, riportandoci alla mente l’Innominato di manzoniana memoria.
Per tutta la stagione si respira comunque quell’aria di speranza che era mancata in precedenza, e che motiva la squadra migliori-amici a non mollare mai anche di fronte alle difficoltà maggiori, ovvero quando tutto sembrava deciso e l’ineluttabile compiuto. Noelle Stevenson mette tutta sé stessa nel raccontare la sua protagonista e nel disegnare il colorato e magico mondo di Etheria.
She-Ra e le Principesse Guerriere oltre ad intrattenere il pubblico riesce a svolgere un ruolo educativo nell’insegnare ad accettare l’amore nelle sue molteplici sfaccettature tanto da ricevere una nomination al prestigioso GLAAD Media Award per la programmazione per bambini e famiglie.
Belle le musiche di Sunna Wehrmeijer, ma poco incisiva la sigla d’apertura, per lo meno nella versione italiana.
All’inizio abbiamo detto che con questi episodi si conclude il viaggio di questo gruppo di eroi per liberare l’universo dal malvagio Horde Prime ma, nelle battute conclusive, i protagonisti si convincono a dover riportare la magia nell’universo decidendo di partire per questa nuova avventura. Non è detto, quindi, che Noelle Stevenson possa rivedere la propria decisione di chiudere la serie e, supportata dalla piattaforma Netflix, a proporre un nuovo set di episodi.
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One thought on “She-Ra e le Principesse Guerriere, recensione quinta stagione”
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Pessima scelta di serie per molti motivi:
1. Non puoi riproporre un cartone senza capire come era strutturata la vecchia versione Filmation che non stava a questionare su certi ragionamenti ed era semplice divertimento.
2. Il ruolo della supereroina complessata inizia a stufare, come se bene e male si mischiano costantemente senza dare una chiave di lettura dell’insieme. Per un pubblico adulto va bene ma per i ragazzi è ora di mettere un po’ in parte queste sciocchezze.
3. La linearità della storia che richiama il punto precedente. Troppo carne al fuoco per una semplice serie per ragazzi. Vi allineate sullo stile manga.