Ieri sera sono andati in onda su Sky i primi due episodi dell’attesissima miniserie Speravo de morì prima, che racconta gli ultimi anni della carriera di Francesco Totti. Questa è la recensione.
La serie è tratta dal libro che il capitano della Roma ha scritto insieme al giornalista Paolo Condò. Dopo i primi due episodi, Sky ha programmato gli altri con cadenza settimanale, a partire dal prossimo 26 marzo.
Francesco Totti ha oramai 39 anni suonati, si trova alle prese con l’ennesimo infortunio. La sua ventennale carriera è appesa ad un filo, e il ritorno a stagione in corso dell’amico allenatore Luciano Spalletti potrebbe essere una manna dal cielo per le sue speranze di continuare a giocare. Purtroppo le cose andranno in maniera completamente diversa.
Speravo de morì prima è una miniserie attesissima. Il libro su cui è basata, scritto un paio di anni fa da Francesco Totti e Paolo Condò, ha venduto centinaia di migliaia di copie ma, soprattutto, ha fatto discutere per mesi dentro e fuori dall’ambiente Roma. Sky ha così deciso di puntare sul racconto di una storia piena di rammarichi, detto e non detto, di polemiche e risentimenti, ma che certamente racconta un qualcosa di nuovo, di forte.
E subito dalle primissime scene dell’episodio pilota si capisce che i produttori e gli sceneggiatori hanno fatto centro. Speravo de morì prima funziona alla grande, scorre veloce senza essere frivola, è profonda senza essere pesante. Pietro Castellitto, che fino a questo momento non aveva certo “spaccato” come attore, si cala nella parte in maniera mirabile. Castellitto è un Totti incredibilmente convincente e se non fosse per la somiglianza fisica veramente limitata, a tratti sembra davvero lui: la voce, il modo di parlare, il linguaggio del corpo. La verisimiglianza è impressionante e dietro c’è chiaramente un mix tra studio del personaggio e conoscenza decennale da parte di un ragazzo che, prima di essere un attore, è stato un grande tifoso della Roma.
Ne esce fuori un Totti molto vero, autentico, piuttosto vicino a quello che (seppur non da dietro le quinte…) i tifosi e gli addetti ai lavori conosco bene: una persona molto semplice, pulita, che nella vita ha solo l’ossessione del pallone ,incapace di vedersi con gli scarpini oramai attaccati al chiodo. Ossessione che gli sceneggiatori riescono a far uscir fuori in maniera mirabile, rendendola il main theme assoluto della serie. E il meccanismo non solo è molto vicino alla realtà dei fatti, ma funziona veramente alla grande.
Affinché la macchina di Speravo de morì prima giri così bene, ci vuole anche un ottimo “cattivo”, che nel libro è personificato da Luciano Spalletti, grande allenatore della Roma nel quadriennio 2005-2009 e poi tornato a Trigoria dieci anni dopo, alla fine del 2015, periodo nel quale è ambientata la serie. Spalletti è il grande “nemico” di Totti nel libro in quanto, i tifosi della Roma lo sanno bene, è accusato di aver fatto smettere il Capitano prima del tempo.
L’allenatore toscano è interpretato da un Gianmarco Tognazzi divino. Se Castellitto sembra Totti, Tognazzi DIVENTA Spalletti. E’ lui, la stessa persona, indistinguibile dall’originale. Un’interpretazione capolavoro che rende tutte le aspre vicende di quei mesi maledettamente realistiche. Talmente veritiere che tutti gli appassionati di calcio e, in particolare, i tifosi della Roma, avranno l’impressione di rivivere quelle amarezze e quella tristezza per l’abbandono del Capitano ancora una volta.
Istruzioni per l’uso:
- Speravo de morì prima, seppur non in maniera spudorata, propende chiaramente dalla parte di Totti o, quantomeno, espone molto più il suo punto di vista che quello degli altri. Spalletti, che probabilmente da rosicone quale è querelerà tutti, ne avrebbe di cose da raccontare su quello che è accaduto veramente.
- Se non si ha un minimo di conoscenza della storia della Roma degli ultimi 15 anni, si farà molta fatica a capire la vicenda nei minimi dettagli.
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