La seconda stagione di Star Trek: Discovery si è appena conclusa con l’episodio 14. Questo è il mio commento.
Con quasi 70 minuti di proiezione, la carne al fuoco è tantissima, andiamo quindi subito al sodo. ATTENZIONE: PUO’ CONTENERE SPOILER.
Rispetto al penoso finale di stagione dello scorso anno, Un dolore così dolce è certamente un notevole passo avanti. L’episodio è infatti piuttosto appassionante e godibile. La battaglia mi è piaciuta davvero tanto, molto prolungata ma mai noiosa, soprattutto grazie a degli effetti speciali che nella storia di Star Trek non si erano mai visti.
Ma ho anche apprezzato il fatto che la magnificenza degli effetti speciali non sia arrivata a discapito dei classici momenti della battaglia trekkiana, con il fumo sul ponte di comando, gli ufficiali che balzano dalla sedia ad ogni colpo di siluro fotonico, il fantastico rumore dell’allarme rosso. Eccezionale, in questo senso, l’aggiunta del Numero Uno dell’Enterprise, meravigliosamente interpretata da una Rebecca Romijn capace di trovare quell’ironia trekkiana di cui Star Trek: Discovery, tra un piagnisteo di Burnham e un lamento del Dottor Culber, è così disperatamente carente.
Se l’episodio preso singolarmente, e non è la prima volta, risulta molto bello, il quadro principale della trama fa acqua da tutte le parti, con multiple brecce nello scafo esterno. Questa storia di Michael Burnham e della tuta è una minchiata colossale. In questo ultimo episodio l’attrice Sonequa Martin-Green sembrava più un mix tra Iron Man e Usain Bolt prima di scattare sui 100m, che un personaggio di Star Trek.
L’eccessiva personalizzazione della trama su un singolo protagonista, evidente anche in un episodio d’azione come questo, è il grande male di Star Trek: Discovery, uno show che getta nello spazio tanti spunti interessanti per perdersi sempre in dialoghi deliranti, petulanti e soprattutto incredibilmente noiosi, come quello tra Spock e Burnham “Iron Man” intenta a smanettare in maniera isterica una sorta di consolle che dovrebbe aprire il famoso tunnel temporale.
E, a proposito di “wormhole”, la stagione si conclude proprio con la sconfitta di Controllo (altra buffonata, liquidata in 5 minuti, con due scazzottate tra Leland e Georgiou e tutti vissero felici e contenti…) e la separazione definitiva tra la U.S.S. Discovery e l’Enterprise. La prima spedita lontana nel futuro dove, poveri noi, Michael Burnham diventerà presto capitano e sempre più “one-women show”. La seconda è rimasta nel tempo “normale”, dove Spock è finalmente tornato a fare parte dell’equipaggio e, insieme a Pike, parte verso nuove avventure.
A questo punto che dire… Continuerò a seguire le avventure della Discovery, come sempre, perché ai malati di Star Trek come me basta un allarme rosso, un siluro fotonico, una Curvatura Nove per rimanere fedeli alla saga. Se però mi chiedete di essere entusiasta per l’arrivo della terza stagione, beh, rimarrete delusi.
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