Netflix ha pubblicato il secondo episodio di Star Trek: Discovery 2, intitolato Nuovo Eden. Ecco il mio pensiero sull’episodio diretto da Jonathan Frakes, noto a tutti come il Comandante Riker o Numero Uno.
ATTENZIONE – CONTIENE SPOILER.
Il primo episodio di questa nuova stagione di Star Trek: Discovery (qui la recensione) era stato una mezza delusione. Un’ora di vuoti lamenti ed effetti speciali fini a se stessi. Per destare di nuovo il mio interesse su questa serie serviva, quindi, davvero qualcosa di speciale.
MISSIONE COMPIUTA: Nuovo Eden è di gran lunga il miglior episodio mai andato in onda di Star Trek: Discovery, prima stagione inclusa. La trama, non casualmente diretta da Jonathan Frakes, regge tranquillamente il confronto con alcuni dei migliori episodi di The Next Generation, ai quali gli sceneggiatori si sono chiaramente ispirati. ED ERA ORA.
Il tema affrontato nell’episodio è quello della celeberrima Prima Direttiva, la legge che prevede la non intromissione della Flotta Stellare nel naturale sviluppo di altre civiltà. Lo schema della trama ricalca fedelmente alcuni capolavori di The Next Generation quali “The Masterpiece Society” o “The First Directive“: la U.S.S. Discovery arriva su un pianeta dove una società vive in condizioni di apparente sottosviluppo.
La squadra di sbarco formata dal capitano Capitano Pike, l’immancabile Michael Burnham e il tenente Owosekun, entra in contatto con una comunità convinta che la Terra sia stata rasa al suolo durante la terza guerra mondiale e che un angelo abbia salvato questi superstiti portandoli in un mondo remoto, dove vivere in pace.
In un episodio capace di trasmettere allo spettatore i dubbi etici e morali che hanno fatto grande Star Trek, ho trovato finalmente dei dialoghi all’altezza della situazione. Invece degli astratti deliri di Burnham, Nuovo Eden propone le battute tra un Capitano Pike in forma strepitosa, che buca lo schermo, è un abitante del villaggio voglioso di conoscere la verità sull’origine di questi strani visitatori armati di phaser e teletrasporto.
La questione del confine tra scienza e religione, tra fede e ragione è stata trattata in maniera profonda e originale, andando a rievocare nei vecchi appassionati il sapore di quelle spedizioni comandate da Picard, Riker, Sisko e Kira. Anche i vestiti del corpo di spedizione della Discovery e l’atmosfera generale richiamavano chiaramente le grandi serie degli Anni Novanta.
Copiare dai migliori è una virtù. Almeno in questo episodio (non credo durerà…) la produzione di Discovery si è resa conto che per fare una grande serie Star Trek non serve poi molto. Basta attingere a piene mani dagli ineguagliabili capolavori del passato, riadattarli al 2019 e aggiungere il budget e gli effetti speciali che i poveri sceneggiatori di The Next Generation o Deep Space Nine si sognavano.
Non è un caso, a mio giudizio, che l’episodio nettamente più bello e appassionante sia quello in cui Michael Burnham e i suoi sproloqui vengano messi in secondo piano in favore di altri personaggi e di veri temi trekkiani. La protagonista e la trama principale che le è stata costruita attorno rimangono, purtroppo, uno dei grandi limiti di Star Trek: Discovery.
Ma almeno per una settimana godiamoci questo bellissimo episodio, che ha saputo riconciliare vecchi e nuovi fan. Grazie, ancora una volta, al grande Jonathan Frakes. NUMERO 1.
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