Rilasciata il 29 agosto su Netflix, giorno della presa di coscienza di Skynet, la serie anime Terminator Zero celebra il quarantesimo anniversario del debutto del franchise. Questa la recensione.
Malcolm Lee (André Holland) è uno scienziato che soffre di terribili incubi su un’imminente guerra termonucleare che devasterà l’umanità. Egli è convinto che sarà Skynet, un sistema di difesa bellica statunitense, a causare il massacro e che tale evento avverrà il 29 agosto 1997. Per prevenirlo sta disperatamente correndo contro il tempo per sviluppare una IA che possa salvare l’umanità, Kokoro (Rosario Dawson). Malcolm è vedovo e vive con i tre figli, Kenta, Hiro e Reika. Assieme a loro c’è anche Misaki che lo aiuta nella gestione dei bambini.
Nel futuro, frattanto, Eiko è inseguita da un Terminator, mentre un’altra macchina (Timothy Olyphant) si prepara a saltare nel passato.
Terminator Zero, il commento
Sin dalle primissime battute, Terminator Zero si presenta decisamente come un ottimo prodotto, parte di un franchise già imponente quali è Terminator, e svolge appieno il suo ruolo nell’universo espanso.
Masashi Kudō (Bleach, Chain Chronicle) è il regista degli otto episodi, fattore fondamentale la sua scelta per la buona riuscita del progetto “Terminator Zero“. L’eclettico Mattson Tomlin è invece l’autore dell’ottima sceneggiatura: con il lavoro svolto qui ha certamente cancellato i ricordi del poco felice battesimo ottenuto con Mother/Android.
Sul target del prodotto va detto che la scelta degli autori è stata quella di indirizzare Terminator Zero ad un pubblico maggiorenne: la presenza di scene splatter e le tematiche sociali inserite al suo interno di fatto hanno facilitato tale scelta. Parlando ancora di scelte, quella di dare a Kokoro un aspetto tipico della mitologia giapponese dell’epoca “Sengoku” risulta molto interessante: rende il suo personaggio ancora più etereo e impalpabile, ed in molte occasioni sfuggente alle regole umane a cui Malcolm vuole sottrarla. Ciò contribuisce a lasciare lo spettatore col fiato sospeso fino all’ultimo episodio.
Ovviamente l’anime non poteva non contenere un mucchio di citazioni collegate al franchise Terminator: le più eclatanti sono quelle riservate al T100 ed al T1000 portati sullo schermo da Arnold Schwarzenegger e Robert Patrick. Ciononostante, la serie non è solo un omaggio al passato, come sta accadendo anche con “Grendizer U“, Terminator Zero può inserirsi, a nostro avviso, nella più classica delle operazioni reboot nostalgico anche grazie all’introduzione di una linea narrativa interessante e promettente.
Terminator Zero, piccolo cenno a cast vocale e animazione
Nonostante la presenza nel cast di nomi noti come Rosario Dawson e Timothy Olyphant, il nostro consiglio è di guardare Terminator Zero in lingua giapponese e non nell’adattamento inglese, anche perché è oramai innegabile che alcuni doppiaggi statunitensi fanno perdere parte della narrazione.
L’animazione è da considerare fluida e di grande impatto, essa è stata sviluppata dagli studi Production I.G. e Skydance Television: la prima è un mostro sacro degli anime nipponici, la seconda (statunitense) ha contribuito alla realizzazione di prodotti di successo tra cui Top Gun: Maverick ed Altered Carbon.
Terminator Zero, il futuro
Come già annunciato, sono previste stagioni successive per poter portare tutto l’arco narrativo sullo schermo ma, in ogni caso, gli otto episodi della prima stagione sono autoconclusivi e vi invitiamo a guardarli il prima possibile.
Terminator Zero: la recensione dell'anime su Netflix
Regista: Masashi Kudō
Data di creazione: 2024-08-31 15:52
4
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