[TFF34] La recensione di Blow-up, il film di Michelangelo Antonioni
Nella prima giornata dell’edizione 34 del Torino Film Festival, abbiamo potuto vedere e, per alcuni, rivedere, un grande capolavoro della cinematografia internazionale.
Blow-up ci butta nel mondo della Swingin’ London, degli anni ’60, del mondo della fotografia e delle giovani modelle. Nel film, un fotografo che sta preparando un libro sui senzatetto, fotografa in un parco una coppia innamorata.
Ma, col tempo, sviluppando le foto, si accorge che, probabilmente, ha fotografato un omicidio. Mano a mano che il protagonista cerca di avvicinarsi alla verità, la verità si allontana da lui, finchè il fotografo inizia a pensare di aver immaginato tutto.
Film assolutamente affascinante, che risente di una certa interpretazione forsennata tipica di quegli anni, ma presenta una capacità di dirigere unica e bellissima, tant’è che Antonioni è stato candidato agli Oscar come miglior regista per questo film.
Bellissimi i costumi e interessante lo spaccato di un mondo e di una Londra che non esistono più. Le ragazze sono forzatamente presentate come bambole senza cervello, belle, ma prive di anima. Il protagonista è un clichè ambulante, sicuro di sè e sprezzante col gentil sesso.
Prodotto da Carlo Ponti, il film presenta un ottimo cast tra cui David Hemmings, che approderà poi a Profondo rosso, Vanessa Redgrave e Jane Birkin. Belle le musiche di Herbie Hancock. Il film ha anche vinto la Palma d’Oro al Festival di Cannes del 1967.
Pur con le sue ingenuità, Blow-up è un’opera intensa e da vedere assolutamente, che ha scardinato la censura dell’epoca. Antonioni, qui nel suo massimo splendore, costruisce un film che graffia il senso di Verità, pur coprendo il tutto con i lustrini e la vacuità degli anni ’60.
Il film, indirettamente, ha ispirato altre opere come Blow-out di Brian De Palma e La conversazione di Francis Ford Coppola.
Voto: 8
Ecco due trailer per voi:
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