The Orville: New Horizons – Recensione della terza stagione
Il 4 agosto scorso Disney+ ha diffuso il decimo ed ultimo capitolo di The Orville: New Horizons intitolato “Futuro Ignoto”. Questa è la recensione dell’intera terza stagione della serie di Seth MacFarlane.
Causa la pandemia di Covid-19, questa stagione di The Orville, sottotitolata per l’occasione “New Horizons”, è più breve rispetto alle due precedenti, ma con episodi di una durata media maggiore, ciò a tutto vantaggio della possibilità di esprimere con più forza temi e contenuti già prerogariva di questa Saga.
REGIA E SCENEGGIATURA
A differenza del passato, alla direzione dei diversi capitoli di The Orville: New Horizons si alternano i soli Jon Cassar e Seth MacFarlane. Alla scrittura, invece, oltre allo stesso MacFarlane troviamo autori del calibro di David A Goodman, Brannon Braga, André Bormanis, tutti grandi conoscitori dell’Universo Star Trek. Autrice di un solo episodio, invece, è Cherry Chevapravatdumrong, già produtttrice esecutiva di Family Guy e co-produttrice esecutiva di Resident Evil e di The Orville.
I singoli capitoli di The Orville 3, come in passato, sono tutti autoconclusivi, anche se ciò non nega l’esistenza di un filo conduttore. In questa stagione vediamo infatti come gli autori hanno cercato di collegare, riuscendoci perfettamente, nuovi episodi a capitoli del passato o della stessa stagione, creando così un complesso arco narrativo in cui vengono trattati nuovamente, e senza filtri o inutili orpelli, temi scottanti del nostro presente. Questi gli esempi più rappresentativi:
- “Blu Notte (Ep08-S3)“, diretto da Jon Cassar e scritto da Brannon Braga insieme a André Bormanis, è un capitolo che si collega a “Santuario (Ep 12-S2)“ e che sviscera in maniera ancora più cruda e reale la piaga dell’omofobia, oltre all’accettazione di chi, a torto, può essere considerato “diverso”, continuando quindi quanto trattato in “Il Gender della discordia (Ep03-S1)“ e nel più recente “La storia di due Topas (Ep05-S3)“.
- “Due volte nella vita (Ep06-S3)“, diretto da Jon Cassar su una sceneggiatura di Seth MacFarlane, è un episodio in cui Gordon Malloy, a seguito di un incidente al dispositivo Aronov – una sorta di macchina del tempo – viene trasportato nel lontano 2015, in un periodo da lui conosciuto solo virtualmente grazie alla memoria di un vecchio iPhone appartenuto a Laura, donna che lui ama profondamente in “Indimenticabile (Ep11-S2)“. Ricordiamo che l’Aronov è lo stesso dispositivo che trasporta sulla Orville una Kelly più giovane di sette anni, accadimenti questi visti in “Domani, domani e domani (Ep13-S2)“. In Due volte nella vita Il tessuto narrativo è notevole. Lo scenario del 21° secolo viene composto con pazienza e introspezione. Tanti i momenti toccanti che coinvolgono i rapporti di amicizia, come toccanti sono le parentesi che vedono coinvolta la “nuova” famiglia e l’obbligato addio ai legami d’amore.
- “Pioggia che cade delicatamente (Ep04-S3)“, diretto da Jon Cassar su una sceneggiatura scritta in coppia da Brannon Braga e André Bormanis, rappresenta uno tra i migliori episodi della saga ed è geniale il modo in cui si collega ai due episodi delle precedenti stagioni: “Una Pace Impossibile (Ep06-S1)“ e “Sulla Terra non resteranno altro che i pesci (Ep04-S2)“.Qui MacFarlane torna su temi a Lui cari come il fanatismo religioso e come esso possa influenzare la politica, oltre all’accettazione del “diverso”. Il tutto viene rappresentato in maniera diretta e drammatica.
- “Il paradosso della mortalità (Ep03-S3)”, diretto da Jon Cassar su uno script di Cherry Chevapravatdumrong, non sfugge nell’avere legami con precedenti eventi vissuti. Qui infatti incontriamo nuovamente una civiltà già visitata in passato dai nostri amici e, precisamente, in “Kelly la guaritrice (Ep12-S1)”. nell’episodio gli incubi che i nostri eroi vivono sembrano voler rappresentare metaforicamente problemi della nostra società. Vengono inoltre affrontati anche temi molto profondi quali il significato della nostra esistenza e qual’è il ruolo della morte affinchè si possa dare significato alla vita.
ASPETTO TECNICO
Visivamente The Orville: New Horizons risulta a dir poco appagante. L’uso degli effetti visivi e del CGI ha raggiunto una qualità cinematografica. Gli “strani nuovi mondi” visitati dal Capitano Ed Mercer e compagni sono creati con estrema fantasia e le ambientazioni esterne sono affascinanti. Le battaglie stellari rasentano la perfezione.
CAST E RECITAZIONE
Tutto il cast di The Orville: New Horizons oramai è ben rodato, ogni personaggio principale è caratterizzato al meglio e in questa stagione, in cui la drammaticità è stata espressa maggiormente relegando la comicità tipica di MacFarlane in piccole parentesi, i protagonisti hanno potuto dare prova maggiormente delle loro capacità recitative.
Seth MacFarlane ha saputo riscattare l’immagine di un capitano considerato sfigato, dimostrando maggiore autorevolezza. Adrianne Palicki e Jessica Szohr, rispettivamente Kelly Graison e Talla Keyali, hanno dimostrato di sapersi muovere molto bene nelle diverse scene action.
Peter Macon nei panni di Bortus ha avuto modo di esprimere egregiamente e in maniera toccante le diverse scie emozionali che il personaggio ha attraversato in diversi momenti: amore incondizionato e preoccupazione per la propria figlia, disperazione, dolore, rabbia e sete di vendetta. Chad Coleman come Klyven, personaggio bieco rappresentante dell’arretratezza culurale dei Moclan, nella parte finale di questa stagione, riesce ad esprimere con efficacia il suo pentimento.
Vogliamo anche sottolineare la grande prova di Anne Winter, nei panni del guardiamarina Charlie, la quale ha saputo concludere in “Domino (Ep09-S3)” la sua presenza in The Orville attraverso una grandissima ed eroica, quanto drammatica, rappresentazione del suo personaggio. Ma chi ci ha colpito maggiormente è una stupefacente giovanissima attrice statunitense di nome Imane Pullum, la quale ha saputo meravigliosamente rappresentare, con piccoli tocchi, estrema delicatezza e grande empatia, il carattere di Topa, la figlia di Bortus e Klyden.
IN CONCLUSIONE
Questa terza stagione di The Orville si è dimostrata un grandissimo prodotto, realizzato con estrema attenzione e composto da un insieme di capitoli che, anche se autoconclusivi, si legano perfettamente a episodi e situazioni precedenti, così da poter concludere o proseguire archi narrativi dai contentuti spesso complessi e scottanti. Uno spettacolo all’insegna della grande fantascienza che usa la metafora senza filtri e in maniera diretta, come veri e propri “pugni in pieno viso e calci nello stomaco” che, si… fanno male… ma che fanno assolutamente riflettere.
The Orville: New Horizons
Regista: Seth MacFarland
Data di creazione: 2022-08-06 00:44
4.5
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5 thoughts on “The Orville: New Horizons – Recensione della terza stagione”
Comments are closed.
Perché le traduzioni in italiano si sono bloccate?
Ciao Davide, a quale traduzione ti riferisci?
Concordo pienamente! Ho trovato solo leggermente negative la durata maggiore e meno “battute” ma alla fine tutto ok.
In compenso i temi son sempre trattati ALLA GRANDE, in perfetto stile MacFarlane: vedi la simulazione del bambino non nato (antiabortisti presi per il c 😀 ) oppure Bortus che dice al suo compagno che se ne va “davvero le tue tradizioni e l’eredità culturale sono più importanti della vita di tua figlia?” …
Mi mancano gli ultimi 3 e ora arrivo!
Il doppiaggio non è stato sospeso, evidentemente sono in ritardo sulla pubblicazione degli episodi e vengono pubblicati successivamente l’episodio in lingua originale. Ora disponibili in italiano sono 7 episodi, in ordine cronologico, su 10.
io purtroppo mi aspettavo, come dalle prime due stagioni di the orville, qualcosa di allegro, spensierato, tragicomico. Invece inizio i primi due episodi della terza stagione con un’ambientazione cupa, spaventosa, raccapricciante. Spero non continuerà in questo modo …