Tredici – La recensione della quarta ed ultima stagione
La serie Tredici (13 Reasons Why), creata da Brian Yorkey e basata sul romanzo 13 di Jay Asher, giunge al capolinea. Di seguito la nostra recensione.
Il gruppo di amici della Liberty High School che abbiamo imparato a conoscere in seguito al suicidio di Hannah Baker è pronto per lasciare le superiori e affrontare la vita del college. Ma prima, i giovani protagonisti devono fare i conti con i fantasmi del passato e le proprie paure.
RECENSIONE. In molti sono convinti che l’uscita di una quarta stagione non fosse necessaria, e che Tredici si sarebbe potuta concludere con la prima stagione. Analizzando con occhio critico l’intero racconto siamo concordi sul fatto che la seconda, come la terza e la quarta stagione fossero uno strascico della prima, un eco forzato di ciò che era già stato detto. In effetti questa quarta stagione nasce “con la scusa” dei sensi di colpa dei protagonisti per aver accusato un innocente della morte di un loro compagno di scuola, e si protrae fino alla fine senza dire nulla di particolare.
L’impegno sociale che ha contraddistinto questo teen drama promosso da Netflix, che abbiamo ripetutamente apprezzato e conclamato, si ripresenta anche in questa quarta stagione in modo incisivo: ad ogni inizio e fine puntata viene annunciato un messaggio di solidarietà e di denuncia nei confronti di coloro che vivono situazioni di disagio sociale. Inoltre le varie macro storie raccontate nei 10 episodi che compongono la serie finale affrontano tematiche quali i disturbi mentali, l’ansia, la droga e le malattie. Il modo in cui esse vengono affrontate è forte e incisivo e per ciò apprezziamo il lavoro degli sceneggiatori per la mancanza di scrupolo per il timore di poter turbare e smuovere l’animo dello spettatore.
Tuttavia, nonostante l’impegno lodevole, risulta difficile recensire positivamente questa quarta ed ultima stagione poiché troppe situazioni sono portate all’estremo (come la rivolta scolastica e la grave malattia di uno dei personaggi), rischiando di sconfinare nel surreale; spesso ci sono dei vuoti temporali tra i vari episodi e, infine, alcuni eventi (come la situazione mentale di Clay – Dylan Minnette) non vengono portati al termine. Emblema di quanto scritto è l’ultimo episodio, della durata di circa un’ora e mezza, il cui finale sembra non arrivare mai, concludendosi con un lungo silenzio, carico di dubbi e questioni irrisolte.
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