Fa piacere notare come anche il cinema cosiddetto “di genere” possa incantare un pubblico non indulgente come quello di Venezia. Eppure, alla proiezione stampa di Arrival, il film in concorso diretto da Denis Villeneuve e interpretato da Amy Adams, Jeremy Renner e Forest Whitaker, gli applausi non sono affatto mancati e, ancora più inaspettatamente, nemmeno le emozioni. Gli alieni sono sbarcati sul Lido, e hanno affascinato.
Sinossi:
Quando un misterioso oggetto proveniente dallo spazio atterra sul nostro pianeta, per le susseguenti investigazioni viene formata una squadra di élite, capitanata dall’esperta linguista Louise Banks. Mentre l’umanità vacilla sull’orlo di una Guerra globale, Banks e il suo gruppo affronta una corsa contro il tempo in cerca di risposte – e per trovarle, farà una scelta che metterà a repentaglio la sua vita e, forse, anche quella del resto della razza umana.
Un film su un’invasione aliena presentato in concorso alla 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia poteva essere un azzardo e un rischio per Barbera e per la credibilità dell’insieme, ma se alla regia c’è un regista di nome Denis Villeneuve (Incendies e Sicario, tanto per dirne un paio) il tutto assume connotati ben diversi.
Il film ha affascinato e ha conquistato tutti per lo stile della messa in scena, ricercato ma non troppo (un progetto simile potrebbe far pensare a Under the Skin di Jonathan Glazer, ma i risultati non combaciano assolutamente); Villeneuve affronta il genere con la forza che offre il cinema confezionando un film che affascina, emoziona e interroga lo spettatore sugli aspetti cruciali della natura umana, con un occhio al cinema di Kubrick (2001: Odissea nello Spazio è un esempio imprescindibile) ma anche a quello di Christopher Nolan (Interstellar, ma senza i virtuosismi filosofici e teorici).
Ce ne vorrebbero più di film come questo, capaci di coniugare al meglio il cinema di genere con il cinema d’autore, non vuoto o fine a se stesso, ma in grado di far pensare emozionando. E viceversa.
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