Abbiamo visto Vivere due volte, il film di produzione spagnola distribuito sul catalogo Netflix. Questa è la recensione.
Netflix lancia un’altra produzione spagnola, che affronta un delicato tema, tanto temuto quanto indagato nella riflessione odierna: la perdita della memoria. La regia è di Maria Ripoll, nel cast invece spazio per Oscar Martinez, Inma Cuesta e Mafalda Carbonell.
Commento
La storia segue classici schemi narrativi, rintracciabili in altre produzioni simili. Ciò che contraddistingue questo film è la capacità di superarne la banalità, nonostante qualche piccolo momento di debolezza presto compensato da scelte non convenzionali. Nel momento in cui dunque ci ricorda qualcosa di già visto, riesce a prendere le distanze dall’ordinario.
La regista Maria Ripoll riesce a trattare un tema difficile come quello della perdita dell memoria puntando su emozioni semplici e quotidiane. Ne risulta un prodotto che intreccia dramma e commedia, riso e angoscia, divertimento e profonda riflessione.
Troviamo anche una stimolante elaborazione dell’aspetto tecnologico della società in cui viviamo. Questa è amalgamata, oltre che contrapposta, alla questione della memoria, attraverso un confronto generazionale tutt’altro che banale.
Degna di nota è l’interpretazione di Oscar Martinez, che si cala tanto nel proprio personaggio da risultare spaventosamente reale. Se non sapessimo che si tratta di un film, non sarebbe difficile da credere che l’attore è realmente affetto da una malattia.
Altri temi sembrano non essere affrontati ed approfonditi a dovere nel totale della storia. Tuttavia questa potrebbe essere una scelta di stile che lascia lo spettatore libero di dar loro un proprio valore. Sarebbero così spunti di riflessione interpretabili in direzioni diverse e del tutto personali.
In definitiva si tratta di un film piacevole, profondo ma non pesante. Uno strumento utile per chi si trova a contatto con una situazione simile. Ma anche una visione interessante per coloro che hanno la voglia o la curiosità di ampliare la propria riflessione sul “male del nostro secolo”. Quest’ultimo si carica infatti di una potenza a volte più, a volte meno metaforica, risultando interessante e avvincente sotto vari aspetti.
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